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Johnny Depp. Da James Dean a Keith Richards

Creato il 10 febbraio 2015 da Oggialcinemanet @oggialcinema
“Per parlare di Johnny Depp, iniziamo… dalle iniziali”. Scriveva così, qualche anno fa, il compianto Ezio Alberione (grande maestro nello studio dei corpi attoriali, e padre putativo anche di questa rubrica). Aveva ragione, Ezio. Sì, perché le iniziali di Johnny Depp sono J.D., proprio come quelle di un altro attore entrato nel mito, quel James Dean, archetipo impresso nella memoria collettiva come “il” ribelle per eccellenza. “A rebel wihout a clue”, un ribelle senza un indizio, cantava Tom Petty nella sua Into The Great Wide Open, del 1991, nel cui video, diretto da Julien Temple, c’era proprio Johnny Depp, nei panni di Eddie Rebel, rockstar e divo con look alla James Dean. È stato anche quel video a fissare nella memoria il look e l’allure di Depp, insieme al suo primo film d’autore, quel Cry Baby (1990) di John Waters, che lo vedeva in un look sixties, con tanto di banana imbrillantinata. Per tutti gli anni Novanta Depp è stato questo: il ribelle alla James Dean, l’outsider che sceglieva ruoli da outsider, l’artista che evitava i film di cassetta (la lista è lunghissima, da Intervista col vampiro a Speed, da Titanic a Matrix), a differenza dei suoi colleghi divi. Eppure Depp era divo più di loro.L’attore che poteva permettersi qualunque cosa, l’attore rockstar, noto per la sua passione per il rock non solo come musica (tanto che all’inizio la recitazione sembrava un lavoro per continuare a suonare), ma anche come stile di vita, come dimostrano i suoi anni Novanta, anni vissuti pericolosamente, tra fidanzate da rockstar, come Winona Ryder (per cui si tatuò sul braccio la frase “Winona Forever”, poi cancellata) e Kate Moss, e alberghi distrutti come neanche le migliori band degli anni d’oro. “Era il Kurt Cobain del cinema”, scrive Stephanie Merry sul Washington Post. Quegli occhi profondissimi e taglienti incorniciati da una cascata di capelli incolti, il look tutto giacche di pelle, anfibi, collane e bracciali ne fanno un icona che va al di là del suo successo nei film. Per molte donne è da sempre l’uomo più sexy. Proprio perché non fa niente per esserlo.Nato per essere un outsider, Johnny Depp è l’uomo perfetto per diventare l’alter ego su celluloide dell’outsider per eccellenza del cinema americano, quel Tim Burton che ha fatto della diversità e dell’individualità la poetica della sua carriera. L’incontro avviene nel 1990, con Edward mani di forbice, storia di un tenero Frankenstein con delle lame al posto delle dita. Un personaggio surreale, sospeso, astratto, dentro il quale però covava la sofferenza e la passione, che Depp riusciva a far uscire grazie ai suoi occhi, anche sotto un trucco pesante. Per anni la cifra di Depp è stata proprio questa: la grande sensibilità con cui ci ha reso vicini, reali, tangibili personaggi estremi e grotteschi. È capitato con gli altri film che hanno continuato il grande sodalizio con Burton: Ed Wood, il peggior regista del mondo, il Willy Wonka sociopatico de La fabbrica di cioccolato, Sweeney Todd, il barbiere assassino pieno di dolore, quello che forse è stato il suo ultimo ruolo davvero memorabile. Ma, anche senza il sodale Burton, negli anni Novanta restano impressi i suoi ruoli in Buon compleanno Mr. Grape, Arizona Dream di Kusturica, Dead Man di Jarmusch. Ruoli che lo definiscono nella sua dimensione di attore da culto.“Non sono mai stato un cocainomane. Ma ho preso un sacco di medicine e bevuto tanto alcol. Cercavo di stordirmi per non sentire la mia confusione. Era stupido, lo so. Ma è una cosa umana”.La seconda svolta nella carriera di Johnny Depp avviene nel 2003, quando decide di partecipate al film-attrazione (è proprio così, nasce da un’attrazione di Disneyworld) La maledizione della prima luna, primo film della serie I Pirati dei Caraibi. Depp riesce ad affrontare un film di cassetta disegnando un personaggio memorabile, il Capitano Jack Sparrow. Lo fa per fare film che possa vedere sua figlia, dice, ora che è un padre di famiglia dopo la lunga unione con Vanessa Paradis. Il film sbanca al botteghino e Depp ottiene una nomination all’Oscar, il successo è totale, di pubblico e critica. Ma quel pirata, bandana, pizzo, capelli rasta e bracciali, rischia di diventare una prigione. Depp diventa Sparrow per altri tre sequel, e nel frattempo inanella altri successi d’autore (La fabbrica di cioccolato, Sweeney Todd, Parnassus, Nemico pubblico).È ancora, in maniera indiscussa, il numero uno. Ma quelle maschere che, come direbbero Zafòn e Oscar Wilde, rivelavano, invece di nascondere, la vera natura dei personaggi, sembrano essere diventate oggi una maniera, una compiaciuta abitudine per il divo americano. Il Cappellaio Matto di Alice In Wonderland, il vampiro Barnaba Collins di Dark Shadows (entrambi ancora con Burton), e il suo personaggio in The Lone Ranger, un indiano dal viso dipinto e un corvo sopra i capelli, non sembrano avere la profondità che Depp sapeva dare ai suoi personaggi. The Lone Ranger, come altri suoi film (vedi Transcendence) sono stati dei flop piuttosto sonori al botteghino, che sembrano negare l’equazione Depp uguale successo a cui eravamo abituati. Anche il recente Mortdecai, in uscita questo mese, in cui è un buffo detective con baffetti da sparviero, sembra andare verso quella china. Lo vedremo ancora mascherato in Into The Woods, nelle nostre sale ad aprile, musical che è un all star team dei personaggi da fiaba, dove il nostro è il lupo cattivo. Ancora mascherato, ancora pesantemente truccato, i baffoni e un cappellaccio in testa. Sembra che Depp, in questi anni, voglia nascondersi, negarci la sua anima, invece che rivelarla. Mentre la sua vita privata lo ha fatto tornare sotto i riflettori per la fine della storia con Vanessa Paradis e la sua unione con Amber Heard. Giovane, bionda, in ascesa. Anche questo un cliché.“Non crescerei mai i miei figli a Hollywood. Nessun bambino dovrebbe crescere lì”.Eppure non ci scordiamo cosa riesce a darci Johnny Depp. Le sue interpretazioni più famose hanno dietro un grande lavoro di studio, d’ispirazione e immedesimazione. Il suo Edward mani di forbice era ispirato a Charlie Chaplin. Il suo Willy Wonka de La fabbrica di cioccolato era un misto tra Michael Jackson e Faye Dunaway. Mentre il suo capolavoro, Jack Sparrow, prendeva le sue movenze caracollanti e la sua parlata da Keith Richards dei Rolling Stones, ma anche da Pepè la puzzola dei Looney Tunes, per disegnare un cartoon rockstar in carne ed ossa. Ecco, Johnny Depp sembra essere passato da James Dean, interpretazioni tutte nervi e fragilità, a Keith Richards, rockstar che con i suoi Rolling Stones porta in giro da anni lo stesso show, lo stesso repertorio. Ma, noi che lo conosciamo, che abbiamo visto tante volte quello sguardo dietro mille trucchi e maschere, sappiamo che tornerà lui. Rivogliamo Johnny Depp.“Il mio corpo è un diario, in un certo senso. È come usano fare i marinai, per i quali ogni tatuaggio significa qualcosa. Un determinato periodo della vita, un evento bello o brutto, viene inciso sulla propria carne. Se lo si fa da soli con un coltello o ci si fa fare un tatuaggio da un artista professionista è la stessa cosa”.È THE FACE del mese di febbraio perché: l’attore che ha segnato gli ultimi vent’anni del cinema americano con le sue interpretazioni torna con altre due maschere, quella di Mortdecai, in uscita a febbraio, e con il lupo cattivo di Into The Woods, da noi ad aprile. Guardiamoli per capire se dietro la maschera c’è ancora quella sensibilità che ce lo fa tanto amare.Di Maurizio Ermisino per Oggialcinema.net Johnny Depp. Da James Dean a Keith Richards ultima modifica: 2015-02-10T12:51:24+00:00 da Redazione OAC

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